
E’ finita!
Avrebbe così esortato qualche famoso commentatore calcistico al termine di un match faticoso e dai risvolti incerti, proprio come il percorso, lungo e tortuoso, che ha portato ad avere un risultato elettorale certo negli Stati Uniti d’America.
Paese quanto mai diviso che ha visto il candidato democratico Joe Biden, conquistare la maggioranza dei famosi “grandi elettori”,
con un’America che resta tuttavia divisa e turbolenta, segno probabilmente, di una profonda transizione interna.
Una campagna elettorale in bilico fino all’ultimo, che ha visto scontrarsi due candidati non certo nel fiore degli anni.
Da un lato una politica di idee, progetti, dialogo ed una comprovata figura istituzionale.
Dall’altro, l’oscurantismo di un presidente che promette di distruggere gli uragani con le atomiche, senza una benché minima visione di futuro, un capo di stato che rassicura il suo popolo sull’epidemia da COVID-19, affermando che il virus, può facilmente essere eliminato iniettando candeggina nelle vene; per non parlare dei tanti fotomontaggi, fake news e articoli costruiti ad arte, nella sua incredibile macchina del fango (ricorda qualcuno?) che in questi anni ha trasmesso tramite i social odio e rabbia al solo scopo di parlare alla pancia e non al cervello del paese.
Tanto, troppo,
un marcio sovran-populismo giunto fortunatamente alla frutta, in un paese che ha perso la sua indole democratica sulla quale è stato fondato, ritrovandosi invaso da razzisti, negazionisti e complottisti di ogni genere.
Adesso a Joe Biden e alla sua vice-presidente Kamala Harris, un paese in macerie, devastato dalle profonde lacerazioni interne e da un rapporto da ricucire con l’Europa e con il mondo intero.
Dal presidente che voleva fare la guerra ai tornado con le bombe atomiche ad uno che vuole essere un più moderato leader di paese,
prima ancora che di partito.
Tanto si dovrà fare.
Si dovrà agire subito, istituire delle task force contro il Coronavirus che uccide più che in ogni altro paese al mondo, si dovrà pensare al nuovo decennio, con una crisi climatica ormai sempre più vistosa, con gli accordi di Parigi che precedentemente “strappati” saranno da ricucire e rispettare; ancora, la transizione energetica e la creazione di nuovi posti di lavoro, focalizzati su un mondo che ha bisogno di correre verso il futuro.
Una bella vittoria nello stato chiave del sovranismo mondiale, ora tocca a noi…